Sapere in Co: il Mediterraneo tra il Dire e il Fare

Vincenza Pellegrino, docente presso l’Università di Parma, dopo il suo talk a Humans in Co, ci presenta il suo modo di diffondere il sapere, attraverso lezioni in cui chi ha studiato e fatto ricerca su fenomeni come immigrazione, globalizzazione, impoverimento e giustizia, collabora con chi ne ha fatto esperienza pratica.

Il risultato è un punto di vista nuovo e più forte, un sapere forte dello studio e del vissuto.

TEORIA E PRATICA: STRUMENTI PER COMPRENDERE LA COMPLESSITÀ

Bisogna superare l’idea che la teoria sociale serva a rappresentare una realtà che gli studenti incontreranno solo in un secondo momento, quando da adulti avranno ruoli professionali.

Io non credo che il ruolo universitario sia questo. Il ruolo del sapere è accompagnare le persone nella complessità, favorire dibattiti e attraverso la teoria facilitare la comprensione tra differenze.

Tengo i corsi di politiche sociali e di sociologia della globalizzazione all’università di Parma, avvalendomi dell’aiuto di esperti d’eccezione, che io chiamo co-docenti.

Affronto ad esempio il tema dell’impoverimento con la collaborazione dei senzatetto della città, che ci aiutano a mappare le soglie di resistenza possibili, cioè i luoghi dove puoi dormire, dove la violenza è minore; spiegano chi e come ti fa violenza nel momento in cui dormi nello spazio aperto; in generale ci aiutano a leggere la città e l’impoverimento attraverso la loro esperienza.

Insegno poi politiche carcerarie con l’aiuto dei detenuti, dentro il carcere in questo caso. Con loro cerchiamo di capire cosa si intende per giustizia e rieducazione.

Oppure ancora affronto il tema della globalizzazione con l’aiuto di chi ha attraversato i deserti e il Mediterraneo e quindi ci aiuta a vedere cose che non è possibile venire a sapere attraverso qualche intervista o focus group: parliamo di un tipo di conoscenza accumulata in 4 anni di traversata.

Studiamo i sistemi del debito, dell’attraversamento, capiamo chi sono i passeur, che vanno dalla vecchietta con un carro bestiame ai grandi blindati che devono attraversare mura rafforzate (l’Europa paga perché lo siano) e così via.

Questo è il tipo di dialoghi, di scambi, che propongo.

UNA NUOVA PROSPETTIVA

Gli studenti rispondono molto bene: sono affamati di confronto.

Soprattutto c’è uno spostamento molto significativo dell’immaginario.

Anche la teoria sociale cerca di spostare il pensiero delle persone, di renderle in grado di vedere la complessità delle cose; ma fa fatica perché i concetti sono astratti.

Non si può rappresentare in maniera efficace il deserto, ma grazie alla presenza di qualcuno che lo ha attraversato le rappresentazioni prendono forma e vita.Vincenza Pellegrino a Humans in Co

Quindi gli studenti non solo sono molto interessati ma, nel corso di sei mesi di queste frequentazioni, cambiano: per esempio, questo è evidente con i migranti richiedenti asilo.

L’aula parte dal presupposto che l’attraversamento irregolare delle frontiere sia un atto illegale, e quindi con un certo turbamento: siamo in fin dei conti in un dipartimento di giurisprudenza, in cui si insegna come si rispettano le leggi.

Nel giro di sei mesi, quindi nell’arco di un corso sulla globalizzazione, invece si acquisisce il punto di vista di questi Ulisse contemporanei: è evidente che il diritto di asilo è un diritto a chiedere l’asilo, non ad averlo; ma per chiederlo devi toccare il muro dell’Europa.

E se l’Europa esternalizza le frontiere, facendo patti con la Turchia, con la Libia, come puoi farlo?

Allora i ragazzi iniziano a capire che oggi ci sono dimensioni illegali necessarie a esigere i propri diritti, e cambiano completamente il loro punto di vista: dopo tre-quattro incontri sperano sempre che alla fine quella persona che hanno incontrato arrivi, tocchi.

E di colpo ci si scopre tutti a sperare che ci siano più transiti e non meno.